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SCONTRI ITALIA SERBIA/ Guerra a Marassi: tutti i retroscena

SCONTRI ITALIA-SERBIA / GENOVA – Doveva essere la partita di Cassano e Pazzini e dei genovesi davanti il loro pubblico. Invece il pubblico che ha deciso e drammaticamente indirizzato la gara è stato quello serbo: l’aggressività dei fan ospiti con il reiterato lancio dei fumogeni pre e durante i pochi minuti del match giocato hanno costretto il direttore di gara Craig Thomson a sospendere la partita. Un comportamento annunciato e pianificato per danneggiare la Nazione, che ora rischia sanzioni pesantissime.

PARTITA SOSPESA – La partita è così in mano ai serbi. Inizia dopo 40′ rispetto l’orario previsto e termina solo dopo sei minuti di gioco. Non si può giocare, mancano le condizioni di sicurezza come decide il direttore di gara. Troppi i fumogeni e bengala in campo, inutile le richieste di Stankovic e company di interrompere i disordini sugli spalti. La decisione degli ultras è stata già presa e registrata di conseguenza dagli organi preposti: il primo passo della commissione disciplinare sarà quello di assegnare un 3-0 a tavolino.
SCONTRI DEL GIORNO – Il nastro della drammatica giornata terminato con la guerra di ‘Marassi’ parte però ieri sera quando numerosi gruppi di serbi avevano disturbato i cittadini genovesi con lancio di oggetti contro alcune macchine. Nel pomeriggio odierno invece i disordini sono proseguiti nelle strade del centro, da Piazza Matteotti fino a Corso Italia, dove sono stati danneggiati svariati autobus.

L’ERRORE DELLE FORZE DELL’ORDINE – La premessa poteva forse far presagire il caos sugli spalti e soprattutto l’apocalisse della nottata, ma le forze dell’ordine non sembravano affatto istruite. Il famoso livello di ‘alta pericolisità’ veniva così annunciato solo dalla stampa serba e parzialmente rilanciato dai pochissimi giornali italiani, come Repubblica, che sottolineava l’allarmante presenza di 400 hooligans tra i 2000 fan serbi. “Eravamo preparati sulle cifre, ma non sul tipo di tifosi”, spiegherà al termine del match sospeso un confusissimo Roberto Massucci, responsabile della sicurezza dell’Italia. La poca considerazione o meglio sotto-considerazione del rischio scontri verrà però pagata a duro prezzo e gli appena sei minuti del match giocato cederanno i titoli alla guerriglia urbana esplosa fuori lo stadio.

L’APOCALISSE, ORE 22:30 – Per motivi di sicurezza (?), dopo l’ufficialità della sospensione i centinaia di ultras serbi ospitati nel settore sei vengono trattenuti nella zona di filtraggio della struttura dove sono parcheggiati i bus destinati a Belgrado. Sotto il refrain di ‘Viva Mussolini e il Duce’ parte il lancio di bottiglie e fumogeni verso un centinaio di sostenitori italiani. La polizia resta in attesa, ma vengono chiamati necessari rinforzi da Milano e Torino. Il clima diventa sempre più pesante e in molti preferiscono allontanarsi dall’area di fronte l’impianto sportivo ligure. Intorno a mezzanotte arriva infatti la prima violenta carica delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa verso chi in quel momento stava cercando di uscire dalla ‘zona rossa’. Scontri accesissimi, contatti corpo a corpo, lancio di oggetti, e ambulanze schizzate: sale a cinque il numero dei fan feriti gravemente più un carabiniere (probabile trauma cranico). Gli arresti sono invece circa una ventina. I contusi meno gravi rimangono all’interno dello stadio dove è stata allestita un’infermeria, i più seri trasportati d’urgenza all’ospedale di zona San Martino. Dopo la mezzanotte i primi riscontri ufficiali: una quindicina le persone coinvolte, tra cui anche un poliziotto (trauma facciale), e la conferma sulle armi di guerra come spranghe, bastoni e coltelli.

IL RETROSCENA – Evidente quindi la strategia annunciata e realizzata: far perdere a tavolino la partita alla Serbia per una vendetta contro il Paese. Gli infiltrati/facinorosi sono infatti un gruppo di tifosi della Stella Rossa acceccati dalla voglia di vendicare il ribaltamento della leadership in patria, un comando detenuto ora dal nemico Partizan, club secondo i ben informati molto vicino alla Federazione.

LA PAURA DEI SERBI – Un odio diffuso ed esploso nella serata della prima trasferta europea senza visto (dal 23 dicembre 2009 i serbi possono viaggiare senza il timbro). Tutti sbalorditi, tranne i giornalisti e i giocatori della selezione balcanica. Loro sapevano, loro avevano denunciato e urlato: da due giorni Stankovic e compagni raccontavano di sentirsi “chiusi in cella” per la paura di essere aggrediti dai loro tifosi. Il nerazzurro è rimasto indenne, ma non il portiere Vladimir Stojkovic, contuso prima del match e per questo non in campo al momento del fischio di inzio: due ultras gli hanno ‘dedicato’ un petardo per i suoi trascorsi calcistici, ex Stella Rossa ora indossa la maglia del Partizan. Anche questo non è un caso.

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